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A 19 anni, Mattia è un tipo riflessivo, ma sempre concreto. Crede nei suoi ideali, soprattutto.

martedì 6 aprile 2010

L'Aquila, un anno dopo.

Ricordo ancora quest'estate. I ringraziamenti di una famiglia dopo il trasloco, a me e ad altri 6 ragazzi. Dicono che siamo stati degli angeli, ma io non credo. Siamo state persone con la voglia di aiutare chi ha avuto una sfortuna in più di noi, persone che volevano far ritornare loro a vivere una vita normale, in una casa, non in una tenda.
Il terremoto è stata un'occasione per conoscersi di più. Sia per noi volontari, ma soprattutto per chi, nella tenda, ha vissto a fianco di persone che non sapeva nemmeno che esistessero, ha vissuto la sua vita, non una settimana passeggera all'avventura, come noi volontari. Queste persone hanno cancellato, alla mattina del 6 Aprile dell'anno scorso, tutti i pregiudizi sulle persone di colore, sulle persone dell'est Europa, su quelli che stavano antipatici. Ed era incredibile come, fino all'estate, quando ho avuto la possibilità di andare a L'Aquila, la gente si aiutava senza distinzioni di età, di colore della pelle, di dialetto o lingua.
Ce la scordiamo una cosa del genere qua, in Piemonte, regione neo-leghista. Gente talmente fissata sulle cose materiali della vita che probabilmente se capitasse un terremoto qua dell'entità di quello abruzzese (con tutti gli scongiuri del caso), non farebbe un minimo sforzo in più per aiutare gli altri, ma cercherebbe di ricrearsi la sua vita, e al massimo quella della sua famiglia.
Per fortuna che c'è qualcuno che si preoccupa anche di chi abita sotto al Po. Anzi di chi non aveva più la certezza di "abitare in una casa", sotto al Po.

Al prossimo aggiornamento, saluti da Mattia.

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